Negli ultimi anni ci siamo abituati rapidamente ad avere relazioni in Rete: all’inizio ci sembrava un modo per accorciare le distanze e ridurre i tempi, come per il telefono, mentre oggi la comunicazione online è diventata a tutti gli effetti livello di relazione diverso. Oggi percepiamo questo livello sempre attraverso il filtro di uno schermo. Qualche anno fa era lo schermo di un computer, ora è lo schermo di uno smartphone, ma, con la diffusione della Realtà Aumentata, i dati digitali che ci portiamo dietro mentre passeggiamo, comunichiamo o lavoriamo, diventeranno visibili nello spazio che ci circonda. E non sono solo le persone ad essere connesse: TV, treni, termostati… perfino le macchinette del caffè e i frigoriferi espongono una componente online. Sempre più oggetti trasmettono e ricevono dati, e questi dati hanno sempre più spesso una connotazione spaziale: sono, cioè, legati alla forma, alla posizione e all’orientamento dell’oggetto nello spazio, fino a diventare parte integrante dell’oggetto stesso. La Realtà Aumentata ci permette di vedere questo ulteriore livello di informazioni e contenuti.
Si tratta di un insieme di tecnologie sicuramente all’avanguardia, ma che funzionano già da tempo e che in questo periodo si stanno industrializzando e standardizzando, passando da idea prototipale a prodotto commerciale. Presto potremo scoprire su che binario arriva il treno che c’interessa semplicemente guardando la banchina, facendo a meno dei tabelloni. Entrando in un edificio, un elettricista potrà vedere la struttura degli impianti e i dettagli dei collegamenti, guardando attraverso le pareti. I chirurghi potranno vedere i dati della Risonanza Magnetica sovrapposti al corpo del paziente. I mobili ci spiegheranno come montarli visualizzando le istruzioni nella forma di modelli tridimensionali volumetrici che appariranno proprio di fronte a noi, come nei film di Iron Man. La tecnologia di cui parlo è già disponibile: uso il futuro solo perché non è ancora diffusa.
Certo, oggi un visore per Realtà Aumentata è ingombrante, ma non lo era anche il primo telefono cellulare, nel 1983? Eppure, meno di una decina d’anni dopo era comune averne uno in tasca. Con questo approccio crolla l’idea che “reale” e “virtuale” siano concetti antitetici. Scompare il pregiudizio secondo il quale ciò che è digitale sarebbe meno effettivo degli oggetti che ci circondano, per avviarci finalmente verso una nuova società in cui i due aspetti, materiale e digitale, diventano sempre più complementari e senza soluzione di continuità. Una generazione guardò alle lampadine elettriche come ad un prodigio, mentre le generazioni successive le considerarono routine quotidiana. Molto presto, verrà una generazione a cui sembrerà normale vedere oggetti virtuali… svolazzare in cameretta.
Giovanni Caturano, CEO SpinVector, prefazione al volume “Terzo Millennio” di Giuseppe Chiusolo.