La rapida diffusione di tecnologie all’avanguardia nei processi produttivi e nelle relazioni sociali, sta accelerando il passaggio verso la quarta rivoluzione industriale, caratterizzata da una forte convergenza tra mondi reali e mondi virtuali. Tra le società avanzate che più di altre stanno sperimentando la società 5.0, figura il Giappone, con investimenti pubblico-privati pari a 4 miliardi di euro. “Human technology oriented”, è un modello che rimette la tecnologia al servizio della persona ed ha come pilastro la Connected Industries. Esattamente ciò che servirebbe per la competitività del Sistema Italia.
Keiju Matsushima, guru mondiale di robotica e Internet delle cose, ha annunciato la sua partecipazione al Digitalmeet di Padova dove terrà una lectio magistralis sui temi Industria 4.0, digitalizzazione e condivisione dati per una società più tecnologia e più giusta. “Cuore della strategia di sviluppo giapponese sono le piccole e medie imprese, che costituiscono il tessuto produttivo di riferimento del Paese, identificate per raggiungere la crescita sostenibile di medio e lungo termine necessaria alla società 5.0. L’industria connessa consiste nella connessione tra industrie produttive, imprese di servizi, organizzazioni pubbliche, macchine e persone oltre i confini fisici e oltre le generazioni, per una continua generazione di valore aggiunto. Questo modello, attraverso l’Internet of Things, l’uso dei robot e i Big Data consente di migliorare la produttività, la qualità del lavoro e di ridurre i costi; grazie allo smart working permette a uomini, donne e anziani di entrare più facilmente nel mondo del lavoro. Trasformando l’abilità e la creatività in algoritmi e collegandole agli impianti produttivi, permette di ottenere una produzione multi-prodotto, a lotti unitari e veloce nelle consegne, quindi acquisire nuovi clienti. Condividendo le informazioni tra le Pmi sulle rispettive produzioni con il mercato, velocizza reciprocamente strutture e manodopera anche in contesti di scarsa flessibilità. La vera rivoluzione consiste tuttavia nel declinare su larga scala le conquiste della “Connected Industries”. Può sembrare sorprendente, ma la digitalizzazione ha le potenzialità di aiutarci a cambiare i mestieri a discapito di quelli alienanti, a creare nuovo valore riducendo la disoccupazione e limando le iniquità sociali, a risolvere problemi come l’invecchiamento, la mancanza di personale, i vincoli ambientali e energetici”. “In tema di nuove professioni, ad esempio, la tecnologia sta contribuendo a ridisegnare le attività produttive, le aziende possono rinunciare a una forza lavoro “fisica” e la forza lavoro “fisica” può evitare attività logoranti e dannose. Si ridurranno, in altre parole, le attività a basso valore aggiunto. Sempre di più sarà necessario sostituire la “manodopera” con le “mentidopera”, sempre di più le nostre aziende avranno fame di professioni della conoscenza. Per rendere sostenibile la società del prossimo futuro non si può pensare di arrestare la rivoluzione digitale, ma si deve lavorare per ritrovare un nuovo equilibrio tra uomo e tecnologia, alzando l’asticella dei nostri obiettivi e puntando a una miglior qualità della vita. Un nuovo equilibrio che ci richiede di essere uomini pensanti.
Le politiche dei governi e le scelte strategiche delle aziende devono essere quindi focalizzate alla crescita delle persone e allo sviluppo di nuove competenze ad alto valore aggiunto. Nella quarta rivoluzione industriale il fattore umano gioca un ruolo ancor più centrale per la gestione dei nuovi strumenti, soprattutto per porli al servizio della collettività. Questo è il contrappeso che ci farà raggiungere una nuova sostenibilità, questa la sfida della società 5.0”, conclude Keiju Matsushima, Professore alla Hosei University di Tokyo.