L’anno 1077 costituisce lo spartiacque della storia di Benevento. Morto, infatti, senza eredi, Landolfo VI, ultimo principe longobardo della dinastia capuana, prese possesso della città il Papa Leone IX. Il potere temporale dei Papi imprimerà alla città un marchio politico-culturale non facilmente cancellabile nell’arco dei secoli. Benevento comunque non fu sempre docile dominio, tanto che fazioni contrarie alla Chiesa assassinarono il Rettore Pontificio Ugo de’ Laysac durante una messa nella Cappella del Sacrum Palatium longobardo. Correva l’anno 1316. Una pozza di sangue si sparse ai piedi del sacerdote celebrante, mentre tra urla e grida si apriva un nuovo capitolo della storia della città che pur aveva dato vita alla costituzione degli Statuti Cittadini del 1202. Ma i tempi futuri non offrirono sempre vita tranquilla ai Rettori Pontifici (chiamati dal 1400 al 1700 Governatori e Delegati, dal 1815, fino all’unità d’Italia) “Propter mala opera”. Per lunghi anni contrasti interni resero il clima politico della città incandescente. Tumulti e sommosse costrinsero i Rettori a cercare una difesa più sicura alla loro persona e alla loro funzione. Papa Giovanni XXII (salito al soglio pontificio il 7 agosto 1316) diede incarico a Guglielmo di Balaeto (già arcivescovo di Frejus e Nunzio Apostolico in Inghilterra) di costruire un fortilizio di difficile espugnazione, per non consentire più a nessun beneventano “di perturbare la giurisdizione dei rettori o di mancare ad essi il dovuto rispetto“. Il maniero fu innalzato su di un preesistente edificio longobardo. Nasceva la Rocca. Era l’anno 1321.
La costruzione robusta di pietre e di prepotenze fu attentamente seguita dall’abate Arnaldo de’ Brusacco, che provvedeva solertemente al trasferimento delle sorelle benedettine che ivi abitavano presso altro monastero. Morto Balaeto, il fervore edilizio dell’opera non subì rallentamenti, tanto che nel 1333 i Delegati pontifici, tutori dell’ordine morale e civile della città, s’insediarono nella zona conventuale della Rocca. Là, dove una volta risuonavano flebili voci dei rosari, ora echeggiavano i passi cadenzati di pontificie milizie rimbombanti per corazze e schinieri. Essi dovevano “invigilare che alle ore stabilite si suonasse la campana della Rocca perché avvisati fossero i custodi delle altre porte della città a chiuderle ed a aprirle“. Benevento veniva così “religiosamente custodita” e preservata da ogni forma di inquietanti quanto fastidiosi tumulti e aspirazioni di libertà. Invalicabili muri di cinta e torrioni rappresentavano fisicamente la forza del potere e il controllo dei dominatori sulla cittadinanza. La Rocca fu costruita su modelli di fortezze della Francia meridionale, come quelle di Carcassonne e di Avignone. Essa occupava una posizione strategica, posizionata com’era, nello spazio della Porta Somma, una delle otto porte della città vicino alla Badia di S. Sofia, e poteva facilmente controllare da un lato l’intera vallata del Sabato, e, dall’altra, dominare la città. Le segrete sotterranee, inumane prigioni di altri tempi, consente compressi echi di lamenti di quanti nei secoli scontarono in esse pene e sofferenze. Movimentata nel gioco dei volumi, l’edificio presenta due torrette di guardia sulla parte più alta. Ingentiliscono la robustezza dell’impianto eleganti finestre gotiche, Fregi, edicole e mezzi busti di età romana, caoticamente incastonati a varia altezza nei muri, sono silenziosi testimoni della storia travagliata dell’edificio e della città, che vide allontanarsi da essa, nell’anno 1860, con l’onore delle armi garibaldine, Odoardo Agnelli, l’ultimo dei “governatori pontifici” che aveva amministrato la città. In quell’anno veniva restituita ai cittadini beneventani la Rocca con il suo carico di storia politica. Nel 1861 il tricolore, per la prima volta, sventolava al vento sannita a simboleggiare “l’italianizzazione” della città.